sabato 18 settembre 2010

dalla quarta di copertina

«Il capitano Italo Serra, ufficialmente assegnato alla dodicesima compagnia dei Lancieri di Novara, ufficialmente disertore dal suo corpo di armata, dal suo esercito, traditore del suo re e del suo Paese, in quel momento non era nessuno: era qualsiasi cosa.
Era uno qualsiasi di questi giovani uomini del Novantanove, del Novantasei, Novantacinque, persi qui nel cuore di Fiume, nel cuore fiammeggiante di questa irredenta Olocausta: anche lui seduto in mezzo a questi ragazzi della brigata Disperata, tutti ragazzini con l’alito ancora profumato di tenerezze materne che si danno l’aria di uomini solo perché sono sopravvissuti.Tutti i sopravvissuti finiscono per immaginare che la loro condizione abbia qualcosa di eccezionale, che il non essere morti sia dovuto a qualche loro merito o a qualche loro peccato. 

Peggio, molti arrivano a convincersi che sopravvivere sia vincere.
In quel momento il capitano Serra era più che ragionevolmente sicuro che ognuno di questi ragazzini agli ordini del tenente Keller lo vedesse come uno di loro. Uguale a questi ragazzi sbandati che il tenente Keller aveva trovato nascosti nel cantiere navale, in uno stato miserevole. Cuccioli di cane che si tiravano addosso l’un l’altro bombe e proiettili di fucile tantoper distrarsi. Uguale a questi soldati sbandati e persi quaggiù».

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