sabato 13 novembre 2010

su Il bicchiere di _verso

Ci sono romanzi inaspettati. Piccole pietre che brillano nella sabbia con una luce fatta di promesse e malie.
Fiume di Tenebra di Pier Paolo e Massimiliano Di Mino lo abbiamo interpretato così. Un pietra che ci ha rubato un pezzetto di anima.
Un libro capace di trasgredire l’ordine naturale della storia, inventandone, forse, una propria sequenza di fatti e antieroi, realmente vissuti ma qui reinterpretati magistralmente con registri narrativi quasi cinematografici, che però mai perdono l’anima del tempo.
Fiume è stata presa. Il vate D’Annunzio l’ha conquistata e la vive/domina insieme al suo gruppo di arditi so
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ldati, insieme agli eroi dell’Italia che vive all’indomani della Prima Guerra Mondiale. Il capitano Italo Serra si ritrova nella città con una missione, con un ardore rinnovato. Lui, scampato all’ennesima follia belligerante, lui fuggito dalla trincea e da sé stesso, incapace di tornare a casa, un militare, un soldato esperto in missioni delicate, un uomo che non ricorda cosa voglia dire esserlo, per i troppi anni di paramenti indossati (che hanno mescolato sangue e mostrine in un nuovo organismo), un capitano che ha vissuto in mezzo ai malati di mente,  in preda ai ricordi e all’apatia generata dall’immobilità. Dopo essere stato richiamato all’ordine dai superiori, perché, per Dio, è un soldato ed essere stato partecipe di una riunione con altri grandi come lui, per rimettere in sesto questa grande nazione, ritrova uno scopo. Ritrova il capitano dopo essersi perso nei panni troppo larghi dell’essere umano. Ricomincia a vivere, anche nell’azione fisica oltre che mentale.
Però nel momento in cui si congeda dal sanatorio il suo sogno sembra svanire: il generale cui era affidato il coordinamento della missione muore. Il gruppo di patrioti è sciolto. Per fortuna le figlie del graduato sono il testimone da passare a Serra, che parte alla volta di Fiume. A uccidere D’Annunzio.
Il suo cammino diventa così un percorso alchemico e epico, dove gli incontri sembrano essere quelli omerici, in cui a ogni kilometro sembra trovarsi un pensiero fermo ad aspettare di uccidere il pensiero precedente. Italo Serra è un personaggio complesso, incredibilmente combattuto nelle sue convinzioni, capace di impennare il cavallo dell’ardimento fino a staccargli la testa.
Una volta a Fiume, si unirà al gruppo di Guido Keller, un orfico dio Pan, un filosofo guerriero degno dei greci e dei mistici orientali, con Comisso e il soldato Giuliano. Vivrà la droga, la promiscuità, il sotterfugio e l’assenza di inerzia che tutti vivevano a Fiume, in un grande sabba dedicato al presente, alla guerra e alla morte.
I fratelli Di Mino regalano una storia capace di legare oro e piombo, realtà e fantasia, in una lega indistruttibile fatta di uno stile incalzante e fedele al passato. Una lega che costituirà la gabbia in cui il lettore si ritroverà prigioniero fino all’ultima pagina, quando la porta della fine si aprirà per liberarlo … forse.

Buona scelta
IBD


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